Gli antichi rû

Definizione di rû e origine del vocabolo

Ru de Charbonnière

In Valle d’Aosta, con il termine ru – che nei documenti storici possiamo trovare scritto in vari modi, rû, ruz e riu – viene indicato un solco creato artificialmente nel terreno che, derivando una parte del flusso di un torrente o, più raramente, di una grossa sorgente, è utilizzato principalmente per il trasporto dell’acqua necessaria all’irrigazione delle colture agricole. Per estensione, tutti i manufatti che compongono oppure che facilitano il convogliamento di acqua irrigua possiamo chiamarli genericamente con lo stesso nome, anche se il glossario in franco-provenzale differenzia con precisione i singoli componenti.

Nella lingua francese il termine ru è utilizzato solo a livello regionale e nei testi letterari. Tuttavia questo vocabolo è stato comunemente impiegato dal XII al XVI secolo circa, in particolare, nella regione della Borgogna. Altre ricerche in proposito condotte da Robert Berton, indicano che questo vocabolo è stato incluso nel Dictionnaire de l’Académie française solo nel 1762.

Oggigiorno è usato principalmente nel patois franco-provenzale parlato nella media ed alta valle, mentre in bassa valle si utilizzano più comunemente i termini riva, rivo e roggia. Vengono, inoltre, adoperati gli idronimi rousa, rodza e reudza, dal latino arrugia, che significa «galleria di miniera» e, per estensione, «canale che trasporta acqua».

Nelle carte topografiche, specie quelle datate, troviamo spesso la parola rio, utilizzata per indicare un canale irriguo artificiale o seminaturale: si tratta molto probabilmente di una trasposizione arbitraria fatta all’epoca della stesure delle carte dai tecnici incaricati che, ignorando il patois franco-provenzale, avevano riscontrato una lontana assonanza fonetica con ru.

Negli atti ufficiali del Duché d’Aoste redatti in lingua francese sono riportati i nomi ruisseau oppure ruysseau, oltre che i diminutivi ru, rû, riu e ruz. Tutti questi vocaboli sono di chiara derivazione latina, rivus, rivum, e tardo latina, rivuscellus. La parola rivum – è sempre Robert Berton a spiegarcelo – avendo perso la « v » mediale tra le due vocali, è stata così trasformata in rium, mentre il dittongo « iu » è diventato dapprima « ui » e poi si è ulteriormente semplificato in « u ». Nella sua forma più elaborata troviamo scritto la parola ru anche con l’accento circonflesso « û », con ogni probabilità per dimostrare che qualche vocale o consonante è andata effettivamente persa nel passaggio tra il latino e il franco-provenzale.

Nella forma scritta il sostantivo ru al plurale prende la s finale, così come prescrivono le regole grammaticali. Tuttavia, nel presente testo redatto in lingua italiana si è preferito mantenere il termine invariato, sottolineando in questo modo la sua appartenenza ad una lingua franco-provenzale, il patois parlato in Valle d’Aosta, piuttosto che attribuirlo al francese presso il quale è caduto in desuetudine.

 

La costruzione di numerosi rû

Qual è la ragione di un così elevato numero di canali riscontrabili in Valle d’Aosta, alcuni dei quali distanti planimetricamente poche centinaia o addirittura poche decine di metri l’uno dall’altro? Chi li ha realizzati e, soprattutto, quali sono state le tecniche utilizzate dagli antichi costruttori?

Allo stato attuale delle conoscenze non è possibile dare una risposta precisa a questi interrogativi; non tutti gli studi finora intrapresi, infatti, portano ai medesimi risultati. Per questo motivo analizzeremo di volta in volta gli argomenti che ci siamo prefissati di approfondire allo scopo di fornire un quadro, se non completo, il più ampio possibile.

Sarebbe oltremodo semplicistico affermare che i ru in Valle d’Aosta – come del resto in tutto l’arco alpino – siano stati costruiti unicamente per cercare di far fronte alle condizioni di relativa aridità cui è sottoposta la nostra regione soprattutto nel periodo estivo, anche se tale dichiarazione può essere comprovata sia da alcuni documenti storici, sia dalla particolare situazione climatica.

La morfologia stessa della regione, infatti, ha indotto gli antichi utilizzatori della risorsa idrica a scegliere accuratamente quei luoghi di prelievo – che fossero compatibili con le quote altimetriche dei terreni da irrigare – e quei torrenti, a regime il più possibile costante, da cui derivare l’acqua necessaria durante la stagione irrigua. È evidente che, dovendo irrigare tanti comprensori, a volte omogenei dal punto di vista agricolo e colturale ma isolati da barriere naturali, e avendo a disposizione molti corsi dai quali derivare l’acqua, le scelte spesso siano cadute sulla praticità di costruire un canale autonomo, anche piccolo, in più, anziché ampliare, con brantse e derivazioni aggiuntive, il comprensorio sotteso da un importante ru che probabilmente già risentiva di una carenza di portata d’acqua. Questo motivo d’ordine pratico potrebbe spiegare l’esistenza di numerosi canali irrigui paralleli, molto vicini fra di loro.

Possiamo rilevare, inoltre, un notevole limite tecnico dovuto alla tipologia costruttiva dei ru, tipici della nostra regione, in gran parte semplicemente scavati nel suolo. Ad esempio, i circa nove moduli di portata idrica rappresentati dal Ru della Piana di Saint-Vincent e dal Ru d’Arlaz di Monjovet costituiscono, probabilmente, la massima quantità d’acqua in grado di essere convogliata da un canale a mezza costa che taglia in senso orizzontale tutta una serie di pendii, talvolta molto accentuati e potenzialmente instabili.

I manufatti in questione, per l’appunto, erano dotati di semplici sponde in terra, notoriamente assai deboli e soggette a continui franamenti e cedimenti. Un ulteriore accrescimento dell’altezza della lama d’acqua, a causa di un aumento della portata per far fronte ad un ipotetico ampliamento del comprensorio irriguo, avrebbe avuto come conseguenza quella di aumentare la pressione laterale sulla sponda di valle e di accrescere la probabilità di crollo di quest’ultima.

Solamente la costruzione di importanti opere d’arte in muratura, a sostegno e a consolidamento del tutto, avrebbe potuto limitare i rischi di questo grave inconveniente, ma i costi da sostenere non sarebbero stati giustificati dalla maggiore produzione dovuta alla più rilevante superficie agricola irrigata.

Le ragioni di un numero così grande di canali esistenti nella nostra regione sono da ricercarsi anche nelle vicende politiche.

L’analisi dei mutamenti storico-politici che hanno caratterizzato il Duché d’Aoste, compreso l’atteggiamento di alcuni nobili e influenti personaggi protagonisti di numerose infeudazioni – come ad esempio il nobile Georges de Montbel che, secondo quanto afferma il De Tillier, per due volte, nel 1393 e nel 1419, esercitò il ruolo di balivo nella chatellenie de Chatelargent et autres dependences – potrebbe far luce su molteplici questioni legate ai periodi in cui la costruzione dei canali irrigui è stata, in qualche modo, favorita, rispetto ad altri in cui alcuni ru sono stati definitivamente abbandonati.